Generazioni a confronto: cosa è cambiato?

by SimoneDF
primo piano di un braccio di ferro tra un braccio di un uomo e quello di un bambino, generazioni a confronto

“Allora? Siete pronti per uscire?

“Nooooo! Che noia! Ma perché dobbiamo sempre uscire, papà?”
“Aho, ma che ve siete impazziti? So’ 3 giorni che non uscite di casa! Ma che volete fa’ le larve?”

Mi ricordo, quando ero piccolo, che me ne stavo sempre fuori. Nei limiti del possibile e delle condizioni atmosferiche, sempre fuori. Stava per piovere? Sti gran ca…voli! Fuori a correre, a saltare, a trasformare un sasso in un razzo spaziale.

Ogni tanto ‘sto razzo si sfracellava sulle gambe o sulla schiena di un amichetto…ogni tanto il loro si schiantava contro la mia schiena. Ma così vanno le spedizioni spaziali della mia generazione. Navigano verso l’ignoto all’inizio e poi, dopo lo schianto, si tramutano in una invocazione alla madre ignota del mandante.

Se non era un sasso era un bastone, che prontamente era la spada laser per combattere gli alieni, o i nemici. Insomma, bastava una caccola e la fantasia e tutto il resto era una bellissima scoperta. All’aperto, con i miei amichetti. Mi alzavo la mattina, scuola, poi uscito di scuola, appena possibile, a giocare in oratorio.

Se ero dalla mia nonna materna, in Umbria, mi vedevano solo per mangiare e dormire. Ora sono cresciuto (solo biologicamente) ma la mia mente corre sulle praterie di quei ricordi e mi viene in mente di come ero spensierato ma soprattutto della immensa voglia che avevo di uscire e di scoprire il mondo.

La mia compagnia di spedizione la pensava come me e tutti insieme ci proiettavamo in tutto e per tutto a partecipare ai mondiali di calcio, con sfide infinite. Fuori c’erano 40 gradi? Chissenefrega! A giocare.

Finito calcio? Ok, si fa un’altra cosa, poi un’altra e poi un’altra ancora.

Mia madre mi doveva venire a cercare per minacciarmi di morte e rientrare per la cena.

Oggi mi guardo allo specchio: sono un papà. Un papà che ha voglia di stare a casa a riposare (ogni tanto), fare i suoi comodi, di giocare con i figli. Figli: parola magica che richiede del tempo importante. Lo faccio e sono felice e grato per questo mio atteggiamento mentale nei loro confronti, eccetto quando mi fanno imbestialire.

Mi piace essere parte dei loro giochi e testimone di queste loro attività. La loro è una generazione completamente diversa dalla mia. Me ne rendo conto quando propongo qualcosa tipo quelle che facevo io da piccolo. Sapete qual è la loro pronta risposta? NO. Soprattutto perché ciò implica uscire di casa! Cazzarola, abbiamo un po’ di spazio per giocare di sotto, sfruttiamolo! NO, NO e poi ancora NO.

Oh li mortacci de pippo, ma a chi non verrebbe la pelata per lo stess? Lasciamo stare questo lato calvo della situazione. I miei figli e i figli di molte persone che conosco, non ci pensano minimamente a uscire di casa per giocare. Si sono invertiti i ruoli.

Un tempo mi dovevano minacciare sul serio per rientrare dentro casa, ora invece è il contrario: bisogna minacciare i figli per uscire di casa a giocare

Mi sono sempre soffermato con attenzione su questa differenza abissale tra generazioni. In 35 anni ne sono cambiate di cose. Gli stimoli che riceviamo in primis. Siamo costantemente bombardati, stimolati da qualsiasi punto di vista. Cosa che ai miei tempi non succedeva. Il telefono? E chi ce l’aveva? Dovevo vedere gli amici? Ci si dava appuntamento a tale ora e ci si aspettava lì.

Con mio stupore i miei figli se ne sbattono i maroni di uscire a giocare e se possono rimangono a casa. Ogni volta è una dura lotta per farli uscire a fare attività all’aperto ma poi, quando ci troviamo fuori, sono i bimbi più felici del mondo.

Purtroppo già in tenera età noi genitori dobbiamo stare attenti a molte più cose rispetto a quelle a  cui dovevamo stare attenti noi.

Ora, purtroppo, la tecnologia e il mondo multimediale si sono evoluti e rappresentano un enorme buco nero che cattura energie, attenzioni e l’anima dei nostri figli. Così gli stimoli sono diventati quasi una schiavitù. C’è chi gli amici li vede su internet, magari giocando con la Playstation, c’è chi si rimbambisce di cartoni on demand (per carità, non fa male vederne un po’) ma la voglia di fare le cose manuali o di vedersi faccia a faccia non è una prerogativa di questa generazione. Se non lo facciamo noi grandi, i nostri piccoli proprio non sanno cosa sia l’incontro vero con gli amici. Questo è un gran peccato.

Il terrore che ho si è amplificato dopo aver visto the social dilemma (vi ho lasciato il link al trailer, in inglese). È un terrore consapevole e controllato, quasi una constatazione di fatto. Bisogna essere bravi a eduzre i figli ancora di più in tal senso. Non bisogna togliergli niente, ma aiutarli a capire che il troppo stroppia.

Troppa tv, troppi videogiochi. La sfida più grande per un genitore, secondo me, è in primis quella di lavorare su sé stesso per imparare a selezionare gli stimoli giusti che ogni giorno ci inondano. Una volta imparato questo, ancor più difficile sta nell’educare e aiutare i propri figli a saper scegliere con intelligenza e razionalità poche cose, ma che siano buone e utili (nei limiti del possibile).

Questa è la grande sfida che ci attende. Se riusciremo in questa missione, io e Anurchetta, sarà una grande vittoria e magari non ci sarà più troppo bisogno di minacciare di morte i nostri figli per farli scendere a giocare!

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